Comporre un numero di telefono, aspettare la risposta e riagganciare, è un reato vero e proprio che va risarcito con il danno morale. Incassa il “pretium doloris” chi viene svegliato la notte con telefonate mute e intimidito con un vero e proprio stalking. E ciò a prescindere dalla condanna penale.
Il caso è arrivato così fino alla Corte di Cassazione che, con l’ordinanza n. 39442 del 13 dicembre 2021, ha respinto il ricorso di un uomo che cercava di intimidire la moglie di un imprenditore concorrente. La difesa aveva tentato di far cadere il risarcimento dal momento che le telefonate mute erano state oggetti di oblazione. Ma nulla da fare: nel caso in concreto gli ermellini spiegano come il ristoro va corrisposto.
Infatti, spiegano nelle motivazioni, la richiesta generica di risarcimento di tutti i danni subiti per effetto di un atto illecito costituente reato deve ritenersi compreso anche il danno morale, non potendo considerarsi pertanto tardiva la domanda di relativo risarcimento espressamente proposta solo in sede di precisazione delle conclusioni da chi come nella specie abbia chiesto in atto di citazione il risarcimento del danno (ergo, di tutti i danni) subito in conseguenza del medesimo. Ma non è tutto. L’uomo è stato anche condannato per responsabilità processuale aggravata.
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