Patatine fritte e biscotti. I bambini ne vanno matti e saranno gustosissimi. Ma purtroppo, come tanti prodotti alimentari assai saporiti e diffusi, non sono così salutari. L’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, in un parere scientifico pubblicato giovedì, ha stimato che l’Acrilammide contenuta in alcuni alimenti come biscotti o patatine fritte presenta un rischio elevato per la salute pubblica.
L’Acrilammide è un composto chimico che migliora la solubilità dei liquidi ed è utilizzata nell’industria della carta, delle vernici e nei filtri per l’acqua potabile. L’Acrilammide può raggiungere livelli da 1 fino a 4 mg/kg in alcuni campioni di patatine, mentre è 1000 volte inferiore nell’acqua potabile. Questa sostanza è neurotossica ed è classificata come probabilmente cancerogena dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), in riferimento a esposizioni e incidenti sul luogo di lavoro.
L’osservazione di alcuni alimenti e in particolare le patate fritte, le patatine e altri cereali cotti a elevata temperatura (corn flakes, ma anche certi tipi di pane e pasta), contengono livelli quantificabili di Acrilammide e potessero costituire un rischio di cancro per la popolazione generale. L’Acrilammide si produrrebbe riscaldando a temperatura elevata i cereali. L’EFSA ha condotto uno studio sulla valutazione dei rischi di questa sostanza nella dieta basata su centinaia di studi scientifici e dei dati raccolti da consumatori, dall’ONG e dal settore dell’industria agro-alimentare. L’autorità europea ha concluso per un’associazione tra fonti di Acrilammide e rischio di cancro.
Gli studi sugli animali hanno infatti dimostrato che l’acrilammide è risultata genotossica e cancerogena, e che questo composto potrebbe quindi danneggiare il DNA e causare il cancro. L’EFSA ha sottolineato che i bambini sono i più vulnerabili. Anche se il parere dell’EFSA non è vincolante, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” ma è utile per portare all’attenzione dell’UE e degli Stati membri al fine di limitare l’esposizione dei consumatori a questa sostanza, cambiando abitudini alimentari o cottura degli alimenti, o rafforzando il controllo della produzione alimentare. Dal 2011, la Commissione europea raccomanda agli Stati membri di aprire indagini quando i livelli di acrilammide nei prodotti alimentari superano determinati valori.
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