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Il locale paga i danni morali per movida e schiamazzi

Quante volte non abbiamo potuto ritirarci a dormire per il volume troppo alto della musica che arrivava dalla strada? Bene, la vita per i gestori di locali notturni si fa sempre più dura alla luce di alcune decisioni che li ritengono direttamente responsabili di eventuali disturbi arrecati alla “quiete pubblica”. L’ultima – e per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” assai significativa perchè potrebbe costituire un precedente favorevole per tutti quei cittadini che abitano nel bel mezzo della “movida” urbana e che si sentono lesi da situazioni analoghe – è la sentenza 20927 del 16 ottobre 2015 della terza sezione civile della Cassazione che ha stabilito che il locale che in orari serali e notturni mantiene la musica ad alto volume e provoca schiamazzi che disturbano la tranquillità dei residenti che abitano nelle vicinanze è responsabile e deve risarcire anche se non provoca danni alla loro salute.

Per i giudici della Suprema Corte, infatti, il danno morale è risarcibile anche se non si manifestano o non sono provate patologie legate ai rumori. Si tratta di immissioni che superano la soglia di tollerabilità «pur quando non risulti integrato un danno biologico, la lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria casa di abitazione e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane sono pregiudizi apprezzabili in termini di danno non patrimoniale».

Ma v’è di più: «l’accertata esposizione ad immissioni sonore intollerabili può determinare una lesione del diritto al riposo notturno e alla vivibilità della propria abitazione, la cui prova può essere fornita dal danneggiato anche mediante presunzioni sulla base delle nozioni di comune esperienza».

Nella fattispecie è stato rigettato il ricorso di una srl, proprietaria di un locale di intrattenimento, che per tre estati ha organizzato all’aperto serate musicali che, hanno determinato «una lesione al diritto di riposo notturno». Ed era stata una perizia tecnica, come risultava dalla sentenza della corte d’appello, a dimostrare che le immissioni sonore superavano la soglia fissata come tetto massimo di tollerabilità in orario notturno.

Ricordano oltretutto gli ermellini, che il diritto al rispetto della propria vita privata e familiare è garantito dalla Convenzione europea dei diritti umani. Sono state molteplici, in tal senso, le decisioni della Corte di Strasburgo che ha condannato gli Stati che, in presenza di livelli di rumore superiori al massimo consentito per legge, non hanno adottato misure idonee a garantire una tutela effettiva di tale diritto.

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