Class Action contro FCA (non in Italia) per il mancato rispetto delle emissioni

Le emissioni di gas di scarico di alcuni modelli del marchio FCA, con tecnologia “pulita” dei propulsori, supererebbero i limiti previsti dalla legge statunitense. Lo riportano diversi media, precisando che in Canada e negli Stati Uniti sono...




Class Action contro FCA per il mancato rispetto delle emissioni

Le emissioni di gas di scarico di alcuni modelli del marchio FCA, con tecnologia “pulita” dei propulsori, supererebbero i limiti previsti dalla legge statunitense. Lo riportano diversi media, precisando che in Canada e negli Stati Uniti sono state avviate class action contro FCA.

Secondo le citazioni in giudizio, FCA avrebbe presentato al grande pubblico i veicoli V6 3.0 Diesel di Jeep Grand Cherokee e RAM 1500 come in grado di ridurre le emissioni rispetto ai motori classici. L’azione legale è stata aperta al tribunale dallo studio legale Heninger Garrison Davis, alla quale si è poco dopo unito quello di Baron & Budd. FCA attraverso un portavoce della Casa automobilistica, ha respinto le accuse di manipolazione, ritenendo la denuncia non fondata. Entrambe però non hanno ancora stabilito l’ammontare dell’indennizzo da pretendere da parte dei proprietari delle vetture sotto inchiesta, a differenza dei canadesi di Sotos, che invece hanno già depositato alla Ontario Superior Court of Justice la loro richiesta: chiedono 250 milioni di dollari canadesi per «danni e perdite subite dai proprietari». In Italia per i diesel “truccati”c’è la multa ma è irrisoria: da 841 a 3.366 Euro. Per questo la nostra associazione, dichiara Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ove venissero confermate le accuse di manipolazione e se i motori diesel oggetto di contestazione da parte delle autorità statunitensi siano commercializzati anche in Italia, intende intentare una class action nei confronti del colosso italoamericano che ha utilizzato questa tecnologia “pulita”, con l’obiettivo di ottenere un risarcimento del danno in favore di quei consumatori che sono stati costretti, loro malgrado, dopo l’acquisto dei dispositivi “incriminati”, a ridimensionarne notevolmente l’utilizzo rispetto a quello prospettato e garantito dalla casa.



Scritto da: · Data aggiornamento: 20 Gennaio 2017

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