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Denunciati in Svizzera e a Dubai ammanchi sui conti bancari di italiani

Denunciati in Svizzera e a Dubai ammanchi sui conti bancari di italiani. La “voluntary disclosure” fa venire a galla questa verità. Riceviamo e pubblichiamo. Mentre ancora non è entrata in vigore la dichiarazione spontanea per capitali depositati all’estero o “voluntary disclosure” che dir si voglia – che consente agli italiani che detengono capitali all’estero e che abbiano violato gli obblighi di dichiarazione di cui .1, comma 1, del dl 167/1999, fino al 30 settembre 2014 di sanare la propria posizione – arrivano i primi scossoni per i furbetti che detengono somme o valori in Svizzera non sempre di provenienza cristallina.

Molti clienti italiani di banche nel paese d’Oltralpe hanno cominciato a chiedere il rendiconto sui depositi e per quanto comunicato su alcuni siti svizzeri hanno scoperto già non poche sorprese. Non è la prima volta che si sentono notizie di ammanchi sui conti bancari in Svizzera, non giustificabili con l’andamento dei mercati.

Una storia che si ripete, giacché già all’epoca degli scudi fiscali del ministro Tremonti, erano venuti  alla luce ammanchi dovuti a vere e proprie sottrazioni, oppure frutto d’investimenti ad alto rischio, per cui si preleva da un conto per cercare di tappare un buco in qualche altro conto, ma alla fine la catena si spezza.

La gestione giudicata a volte spregiudicata aveva portato in diversi casi clamorosi a indagini da parte della magistratura svizzera e italiana. Ovviamente se molti vogliono regolarizzare la propria posizione col Fisco, altrettanti non vedono l’ora di scappare, perchè non sentendosi più al sicuro in Svizzera decidono di trasferire i capitali dagli istituti di credito elvetici alle banche di Dubai o di altri “paradisi fiscali“.

La gran parte di questi sono evasori che nell’Emirato si sentivano più protetti, ma che oggi si leccano le ferite.Tanti clienti italiani che avevano trasferito là i loro patrimoni, ma anche alcune fiduciarie svizzere, da un anno a questa parte lamentano truffe e appropriazioni indebite.

La conclusione è chiara: sia questi evasori che i loro consulenti avevano poca dimestichezza dei meccanismi di sicurezza che andavano usati in Paesi che hanno una cultura bancaria e societaria molto diversa da quella europea. Ed allora, per Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti” viene proprio da dire: “chi la fa l’aspetti” ed anche se c’è ancora molto da fare per combattere l’evasione fiscale, sembra che un duro colpo ai “furbetti” lo hanno assestato proprio i loro stessi investimenti.

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